Di eclissi democratiche, di divini cialtroni e della ricerca di se stessi (16 dicembre 2011)

È arrivato ormai il freddo e (quasi) il gelo, Natale è alle porte, Barcellona è piena di mercatini e di gente che compra regali (e la crisi?), gli amici si domandano dove e come passeranno Capodanno e Zibaldone è arrivato all’ultima puntata di questo 2011 con parecchi ospiti e una marea di sorprese. Dopo un tuffo musicale nel passato spagnolo, con la voce inconfondibile di Dolores Vargas, abbiamo cominciato in medias res, come dicevano i nostri antenati latini, con la prima intervista di questo venerdì di dicembre.

Abbiamo avuto con noi Vittorio Agnoletto (nella foto di sinistra intervistato dagli amici di SpaghettiBcn), che è passato da Barcellona per presentare L’eclisse della democrazia. Le verità nascoste sul G8 2001 a Genova (Feltrinelli, 2011). Un libro scritto a quattro mani da Vittorio Agnoletto appunto, che nel 2001 era il portavoce del Genoa Social Forum, e da Lorenzo Guadagnucci, giornalista de Il Resto del Carlino e una delle 93 vittime della Scuola Diaz, con l’aiuto del Pubblico Magistero del processo sulla Diaz, Enrico Zucca. Un libro fondamentale per ripensare un nodo cruciale della recente storia italiana, quel buco nero – o, come lo definiscono gli autori, quell’eclisse – della democrazia che abbiamo vissuto a Genova nell’estate del 2001, tra la morte di Carlo Giuliani e le «notti cilene» alla Scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto. Un libro in cui non solo si ricordano i fatti di quell’estate di dieci anni fa, ma in cui si fanno i nomi e i cognomi di chi fece quelle violenze e di chi le ordinò e di chi ne garantì negli anni successivi l’impunità. Agnoletto e Guadagnini raccontano 9 anni di processi e i tentativi legali (ed illegali) messi in atto per impedire che questi processi portassero a delle condanne, documentano minuziosamente come i 25 poliziotti e funzionari condannati per le violenze alla Diaz e i 45 poliziotti, carabinieri e membri della Guardia di Finanza condannati per le torture della caserma di Bolzaneto non abbiano passato (e non passeranno) nemmeno un giorno in carcere e di come tutti siano stati «premiati» con delle promozioni. Ma con Vittorio Agnoletto abbiamo parlato anche del decennale del G8 di Genova celebrato nel luglio di questo 2011, della manifestazione del 15 Ottobre di Roma, dei black block, degli infiltrati e del movimento del 15-M spagnolo. Un libro che vale assolutamente la pena leggere.

Con il tempo fornitoci da Fall Dog Bombs the Moon, uno degli ultimi pezzi che ci ha regalato il Duca Bianco prima del silenzio, siamo riusciti a montare nel piccolo studio della nostra Radio Freccia barcellonese un piano davvero grande, un Roland bianco, allo stile di quelli che era solito suonare Gil Scott-Heron. Il piano è di una bravissima cantante, compositrice e musicista neozelandese. Ed anche la voce che sentite nell’intervista è la sua. Lei si chiama Tamar McLeod Sinclair ed è venuta per presentarci il suo ultimo album, The Heart Notes, un album ricco di poesia, di ricerche musicali, di emozioni. Un album che è frutto di sei anni di viaggi ed esperienze in Europa, tra Praga, Dundee, Barcellona, il sud della Francia, Londra e la Toscana. Un album che conta con la partecipazione di oltre 40 musicisti di 12 paesi diversi e che è stato registrato in sei differenti paesi. Un album che sa trovare un incredibile equilibrio tra il funk e il jazz, tra le sonorità gipsy e quelle gaeliche. Un album che cerca di andare al nocciolo della questione. E ci riesce. Ripensare se stessi in un mondo globalizzato, in continuo movimento. In The Heart Notes, Tamar ripensa alle sue origini, alla popolazione maori, alla Nuova Zelanda dove è cresciuta, al confronto-scontro con la realtà del Vecchio Continente. Con una voce magnifica e con una capacità unica di renderci partecipi delle sue emozioni, Tamar ci ha proposto anche un pezzo live, Resting place?, con cui si apre il suo album. Per conoscere la musica di Tamar e per saperne di più sui suoi prossimi concerti, date un’occhiata qui.

Ma in quest’ultima puntata del 2011 di Zibaldone non poteva mancare la Trash Zone. Ed è stata ancora la nostra cara Eva a tirare fuori dal baule dei ricordi un altro prodotto assolutamente trash della nostra Italietta. Un altro simbolo, in fin dei conti, di quello che è il nostro paese. Di chi stiamo parlando? Del divino Otelma, al secolo Marco Amleto Belelli. Un personaggio che si definisce Primo Teurgo della Chiesa dei Viventi Gran Maestro dell’Ordine Teurgico di Elios, un uomo stranamente simile a Massimo Boldi e Sandro Bondi che può vantare una gioventù nel Movimento Sociale Italiano e nella Democrazia Cristiana prima di abbracciare a fine anni Settanta il verbo dei Radicali, un soggetto sempre presente nei talk show della televisione italiana e che, nel 2007, si è anche lanciato nella carriera musicale con Il CD divino. E proprio da questo album ci siamo sentiti una canzone orribile. Davvero.

Accompagnato dalla musica selezionata dalla nostra figliol prodiga Laura Orlandini, che ci ha fatto conoscere meglio due nuove proposte provenienti dal Belpaese (Le luci della centrale elettrica e BrunoriSAS), è stato con noi anche Julio Vialard, pittore ed artista del Madagascar, che ci ha parlato della sua expo I Love Barna, che potete vedere fino a fine dicembre nel Centro Civico Parc Sandaru di Barcellona. Una pittura ricca di colori e di influenze che risente dell’esperienza umana di Julio, nato e cresciuto in Madagascar, ma poi trasferitosi in Francia. Una maniera di vedere e di pensare se stessi, una maniera per tentare di rispondere con l’arte alle domande che ci perseguitano dalla nascita e che ci accompagnano fino alla morte: Chi siamo? Da dove veniamo? Una maniera, quella di Julio, di parlare di una questione di cocente attualità nelle società figlie del melting pot: l’identità. E la risposta di Julio è sincera, allegra, affatto superficiale. Se volete avere maggiori informazioni, cliccate qui.

E per chiudere non poteva mancare il consiglio musicale della settimana. Questa volta vi abbiamo proposto un giovane cantautore torinese. Si chiama Vittorio Cane. È ironico e geniale, semplice e profondo. Da Palazzi, il suo terzo album prodotto dall’interessante discografica ferrarese New Model Label, vi abbiamo fatto ascoltare Sto bene e la canzone che da il titolo all’album, Palazzi. Per saperne di più su Vittorio Cane, date un’occhiata qui. Buon ascolto!

Esta entrada fue publicada en General. Guarda el enlace permanente.

Deja una respuesta

Tu dirección de correo electrónico no será publicada. Los campos obligatorios están marcados con *

*